Dalle colline cilentane arriva l'aglianico secessionista: si chiama «Proclamo»
– Ed ecco l’Aglianico secessionista. Ci mancava. Si chiama «Proclamo» ed è dedicato ai moti cilentani del 1828 contro Francesco I da cui nacque la lunga epopea del brigantaggio contadino: prima contro i Borbone, poi per resistere alle truppe piemontesi.
Il vino è di Raffaele Marino, storico produttore appollaiato sulle colline di Agropoli, le cui bottiglie identificano la doc Cilento in cui, sicuramente più di altri, ha sempre fermamente creduto dopo aver ottenuto il riconoscimento dal ministero.
Vino identità di un territorio? Di un modo di sentire? In effetti è questo lo slogan preferito dai nemmeno troppo sofisticati studi di comunicazione impegnati a promuovere la viticoltura italiana in crisi con le trovate più assurde e incredibili, il tema di migliaia di inutili convegni organizzati dalle Alpi alle Nebrodi. Anche perché poi gran parte dei produttori insegue invece il modello internazionale concentrato, dolce e marmellatoso, imposto dallo stile anglosassone di bere fuori dai pasti, per battersi sui mercati mondiali contro la concorrenza di californiani, cileni e australiani.
«Proclamo» non è però banale trovata pubblicitaria. Non solo questo, almeno. È anche un segnale del comune sentire cilentano, quella voglia di distacco, di secessione dalla Campania maturata negli ultimi anni.
Già, fino a non molto tempo fa solo qualche sperduto comitato attorno al Gelbison sostenuto dallo storico locale vagheggiava il distacco dalla Campania. Ma, soprattutto dopo la crisi della munnezza, sono sempre più numerosi coloro i quali vedono nella vicina Basilicata la panacea di tutti i mali, tanto che alcuni comuni limitrofi nel Vallo di Diano, lì dove scorre (si fa per dire) l’autostrada Salerno-Reggio, hanno organizzato referendum per cambiare regione.
Del resto gli antichi romani, che di gestione amministrativa dei territori erano grandi maestri, avevano fissato a Eburum, Eboli, il confine tra la Campania felix e la Lucania. La nascita e lo sviluppo del Parco ha poi di fatto alimentato un senso di appartenenza cilentano sempre più diffuso sfociato anche in episodi, goliardici ma significativi, come il manifesto contro i turisti napoletani affisso proprio ad Agropoli qualche tempo fa.
La magia del vino è interpretare l’anima di chi lo beve. Per questo non troverete mai poeti del latte, della birra o di altre bevande, solo scrittori come Bukowski e Hemingway per i loro superalcolici. Non è possibile capire la Sicilia senza il Nero d’Avola, le Langhe senza il Nebbiolo, la Calabria senza il Gaglioppo, e il Sud interno, «l’osso» di Manlio Rossi Doria, senza l’Aglianico. È in questa diversità la forza vitivinicola dell’Italia. Il regno dell’Aglianico inizia a Roccamonfina tra Lazio e Campania e termina nel Vulture, tra Campania, Puglia e Basilicata. Entrambi vulcani spenti, entrambi ricchi di acque minerali famose.
Dopo l’Irpinia e il Vulture, proprio il Cilento è stato la zona vitivinicola che ha mostrato di crederci con più determinazione. Un rosso che sin dal gusto manifesta la sua voglia di secessione: è più rotondo, meno acido (fresco in termini tecnici) perchè il Cilento, a differenza del resto della regione, non ha origini vulcaniche. Secessione anche geologica, allora, questa è sicura.
L’Aglianico ha una caratteristica che lo iscrive di ufficio tra le grandi uve: non ha paura del tempo, lo adora, si esalta anzi con il trascorrere degli anni sino a regalare grandi emozioni anche dopo mezzo secolo. Di più: Mastroberardino ha appena fatto una degustazione in America con un 1928!
Ecco perché, e qui c’è la novità enologica, «Proclamo» non è un vino secessionista qualunque, ma il primo «Aglianico riserva» ufficialmente in commercio dopo il via libera del ministero. Certo, l’annata è la 2007, in pratica ancora un ragazzino. Chissà se, quando sarà adulto, la voglia di secessione del Cilento sarà davvero realizzata o se, invece, sarà solo testimonianza dell’ennesimo progetto enunciato, agognato, sognato, immaginato. E naturalmente non realizzato perchè delegato ad altri.
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