Ad un anno di distanza dalla sua pubblicazione propongo la lettura di questo articolo.
Cilento, una terra da modernizzare
A parità di giorni e di spettacoli, quest anno il Ravello Festival ha incrementato del 15 per cento le presenze di spettatori e del 52 per cento gli incassi. Ciò significa che, quando si costruisce un "sistema" turistico fatto di mare, mostre, concerti, buoni alberghi, cucina genuina e accoglienza raffinata, non c è monnezza che tenga. M a soprattutto significa che una regione polifonica come la Campania non può svilupparsi se non investe energie economiche e organizzative sulla provincia che, rispetto a Napoli, possiede le maggiori riserve ancora inesplorate di natura e di cultura. Il Cilento ne offre l esempio più eloquente. 270 mila abitanti distribuiti in una ottantina di Comuni a sud di Salerno, 22 dei quali hanno meno di mille abitanti. Una fitta rete di piccoli centri equamente distribuiti tra mare, collina e montagna, quasi a formare altrettanti quartieri di una cittadina ideale, immersa nel verde dei boschi che coprono il 22 per cento dell intera superficie. Qui, a Velia, Parmenide e Zenone esplorarono l essenza dell umana avventura. Qui, a Vatolla, Gian Battista Vico disegnò i corsi e i ricorsi della storia. Qui, a Paestum, Goethe si commosse davanti ai templi insuperati. Dunque, nella nostra società postindustriale, dove l emozione, l estetica, la qualità della vita emergono di giorno in giorno come valori dominanti e dove natura e cultura sono convocati per sviluppare l economia attraverso il turismo, nulla mancherebbe al Cilento per essere un miraggio afferrabile, un luogo di appagamento felice. Invece la popolazione diminuisce: emigrano soprattutto i giovani diplomati e laureati, che, dopo avere assorbito per venti anni le energie familiari, se ne vanno ad arricchire le già ricche regioni del Nord. Qui molto più che nel resto d Italia l economia è ancora legata all agricoltura e alla pesca, che insieme trattengono il 17 per cento della popolazione attiva. L industria occupa il 24 per cento dei lavoratori, ma si tratta di piccole imprese, in buona parte edili. Il resto opera in un terziario frammentato e senza slancio. Tra il cittadino e lo Stato, l unica istituzione radicata nella cultura consolidata del Cilento è la famiglia, ancora affettivamente indissolubile (i divorziati sono meno dell 1 per cento) ma già demograficamente modernizzata (il 70 per cento dei nuclei familiari è senza figli o ha un figlio soltanto). In mezzo, tra cittadino e Stato, vi è una mousse politica prevalentemente screditata, unita e divisa da interessi contingenti, sradicata da qualunque ideologia, senza piani precisi per il futuro. Questa mousse ha sperperato gli aiuti pubblici impiegandoli in imprese insensate; ha devastato il territorio con una speculazione demenziale, parimenti efferata nei centri costieri e in quelli interni; ha assicurato al Cilento un reddito pari alla metà di quello veneto; ha creato un patrimonio edilizio fatto per il 36 per cento di case vuote; ha desertificato un paesaggio collinare che copre con le sue imprevedibili bellezze il 67 per cento dell intero territorio; ha invaso le zone balneari con un turismo massificato che riesce a saturare i posti letto solo per il 26 per cento. Contro questa situazione aberrante, creata da operatori famelici e ignoranti, tanto guardinghi quanto aggressivi, lotta disperatamente un popolo modernizzatore fatto di giovani meritevoli e tuttavia disoccupati, di preti impegnati e tuttavia rimasti senza gregge, di donne battagliere e tuttavia esasperate da un maschismo arcaico, di genitori tenerissimi e tuttavia abbandonati dai figli emigrati, di intellettuali coltissimi e tuttavia condannati a vivere in una palude di ignoranza parimenti alimentata dall ottusità conservatrice e dalla stupidità mediatica.è dunque persa ogni battaglia di modernizzazione? Tutt altro! Il Cilento rappresenta l area campana con il maggiore potenziale di sviluppo. Le sue coste, benché mortificate dalla speculazione rapace, riservano ancora tesori di bellezze incontaminate, disponibili per un turismo di alta qualità. Il suo associazionismo culturale mette a disposizione del territorio una "università invisibile" che fa del Cilento l area più intellettualizzata della regione. La sua rete di imprenditori e di professionisti, esasperata dal prezzo finora pagato al clientelismo miope, è impaziente di novità e di trasparenza. Tutto è pronto, dunque, per un salto del Cilento dal torpore rurale allo sviluppo postindustriale. – DOMENICO DE MASI
fonte: Repubblica — 29 luglio 2008 pagina 1 sezione: NAPOLI
<!–
–>